Le saune. La Chiesa li aveva fortemente condannati perché luoghi di perdizione e di pratiche spregevoli, che mortificavano lo spirito e degradavano l’animo umano. Erano semplicemente luoghi di ritrovo in cui si poteva fare sesso. E si faceva sesso anche a pagamento: una sorta di bordello, un luogo in cui tutto era permesso, in cui le antenate delle rinascimentali cortigiane esercitavano il loro mestiere e vendevano il proprio corpo. Vi era un tempo in cui le saune fungevano da luoghi d’incontro e di sollazzi vari. E la pratica resiste ancora oggi, un po’ ovunque.
I Romani si intrattenevano secondo i propri gusti nelle saune, spesso organizzate per accogliere gli avventori in luoghi appartati e al riparo di occhi indiscreti. Secoli più tardi, nel medioevo, altrettanto succedeva nelle “stufe”, specie di saune del medioevo. Luoghi in cui si svolgevano storie di sesso, di prostituzione, di adulterio e di varia umanità.
A differenza delle saune romane, nelle “stufe” medievali non erano permessi contatti tra persone dello stesso sesso: l’omosessualità era perseguitata come un orrendo crimine, poiché la Chiesa aveva deciso così. E gli eretici che commettevano questo “orrendo crimine” dinnanzi agli occhi di Dio, venivano bruciati pubblicamente (secoli XV-XVI) su pire di legno e finocchio (da qui l’appellativo dispregiativo in uso ancora oggi per designare gli omosessuali), per “addolcire” l’odore acre della carne bruciata.
Un crimine che, come tanti perpetrati durante il medioevo, basava la sua essenza su credenze popolari e violenti e devianti indottrinamenti religiosi, che ancora oggi fanno parte di un certo retaggio “medievale” della Chiesa.