L’inizio della Signoria Scaligera
Nell’anno del Signore 1260, morto Ezzelino da Romano potentissimo tiranno, il popolo di Verona, riacquistò il dominio della città, creando suo Podestà Mastino della Scala, fratello di Alberto.
Così narrano gli Annales Veronense di Paride da Cerea (sec. XIII). Il desiderio di stabilità favorì il consolidamento e la trasmissione del potere all’interno della famiglia della Scala.
L’inizio di questa vicenda fu il conferimento della carica di Podestà a Mastino I, personaggio già apparso in un atto del 1254 che sanciva l’alleanza tra il comune di Verona, retto allora da Ezzelino e il marchese Pallavicino, vicario imperiale della Lombardia. Fra i 346 capifamiglia veronesi che rappresentavano il Consiglio Maggiore del Comune, detto anche Consiglio generale, formato da 500 “buoni e fidi uomini”, si legge la firma di Leonardino, detto Mastino, della Scala. Leonardino è dunque il nome e Mastino il soprannome ufficiale con cui passerà alla storia. Nel 1258 era stato Podestà di Cerea e, nel primo semestre dell’anno seguente, Podestà del Comune di Verona nel tempo in cui Ezzelino usciva definitivamente dalla scena. Nel secondo semestre Mastino ebbe rinnovato l’incarico di Podestà, cui si aggiunsero poi (1262) nuovi e più ampi poteri, espressi nella funzione di Capitano del Popolo a vita, una specie di dictator perpetuus, quale fu Giulio Cesare, in oltraggio alla costituzione del suo tempo.
Nel 1261, dopo un anno di podesteria, Mastino fece sì che fosse eletto Podestà Andrea Zeno, ritornando alla vecchia consuetudine del Podestà forestiero, che avrebbe dovuto offrire migliori garanzie di imparzialità, ma nel contempo questa carica tendeva a svuotarsi dei maggiori contenuti, trasferiti al Capitano del Popolo.
Poiché Azzo d’Este coi guelfi di Ferrara, Ludovico di san Bonifacio con i Veronesi fuoriusciti e le genti di Lendinara entrarono nel Veronese e occuparono Cologna, Sabbione, Legnago e Porto, Mastino prese le armi, li respinse ed ebbe personalmente affidata da quelle popolazioni la podesteria di Legnago e Porto.
Questi fatti mostrano come la fine della tirannia ezzeliniana avesse rinfocolato la lotta fra fazioni solo apparentemente sopita. Particolare era l’aggressività delle grandi famiglie guelfe, capeggiate dai San Bonifacio, bandite dalla città e desiderose di riprendere il loro ruolo politico.Violentemente contrarie a questa ipotesi erano le associazioni delle Arti in quanto il rientro dei fuoriusciti avrebbe rappresentato un ritorno alla preesistente situazione di conflittualità interna, decisamente nociva allo sviluppo delle attività produttive.
Mastino non apparteneva all’antica classe feudale, semmai faceva parte di una nuova piccola nobiltà, essendo vassallo di alcuni piccoli territori del convento di Santa Maria in Organo e del Capitolo dei Canonici del Duomo. A ciò si aggiunga che egli esercitava il commercio della lana con casa, bottega e magazzino, il fondaco, nella contrada di Santa Maria Antica, quartiere della Chiavica, dove sorgeranno poi i palazzi della Signoria.
Il Saraina lo ha indicato addirittura come il promotore della nascente industria laniera veronese, scrivendo:”… e introdusse la mercatura con l’artificio delli panni”.
Nel 1267, a seguito della venuta in Italia di Corradino di Svevia che intendeva rialzare le sorti della pars imperii, Mastino ebbe modo di mostrare la sua adesione a questa parte politica, aiutando in varia maniera la spedizione di Corradino, il che gli costò la scomunica della Chiesa. Corradino fu a Verona dall’ottobre del 1267 al gennaio del 1268, quando partì alla volta di Pavia, accompagnato da Mastino che fu fatto Podestà della città lombarda.
Entro lo stesso anno finiva tragicamente presso Tagliacozzo il sogno di gloria di Corradino e i della Scala rientrarono nelle grazie della Chiesa impegnandosi a combattere gli eretici, che avevano prosperato sotto il precedente dominio di Ezzelino. Tuttavia il comune di Verona e Mastino rimasero sostanzialmente schierati colla pars imperii, il che costò alla città l’interdetto di papa Giovanni XXI.
Il 26 ottobre 1277 Mastino venne proditoriamente ucciso nei pressi della case Mazzanti, allora degli Scaligeri, in quel passaggio stretto e scuro che fu detto poi volto Barbaro, non per il grave fatto accaduto, ma per il nome di Zaccaria Barbaro capitano veneto, che lo fece sistemare nel 1476. La storia più accreditata narra che Mastino fu pugnalato insieme all’amico Antonio Nogarola in seguito ad un suo tentativo di mediazione fra due famiglie, quelle dei Pigozzi e degli Scaramelli, divise da feroce odio per un oltraggio recato ad una fanciulla dei Pigozzi, i quali esigevano immediata vendetta e non la pacificazione attraverso un matrimonio riparatore, come aveva proposto Mastino.
Alberto della Scala, fratello di Mastino, fu raggiunto dalla ferale notizia a Mantova, dove ricopriva la carica di Podestà. Ritornato immediatamente a Verona, convocò la “concione” nella piazza Grande o del Mercato, la piazza delle Erbe oggi, e venne eletto Capitano del Popolo a vita col voto unanime di un’assemblea a cui parteciparono per la prima volta anche i nobili.
Si può affermare che in quel giorno (27 ottobre 1277) nasceva la Signoria Scaligera, il cui potere non era più elettivo e temporaneo ma ereditario a vita.
Ricerca a cura di Carlo Alberto Ongaro
Fonti
- “I segni della Verona scaligera”, Verona 1988, prodotto da Cassa di Risparmio di Verona Vicenza e Belluno
- G. BELTRAMINI, Le strade di Verona, Verona 1983.
- C. CIPOLLA, Compendio della storia politica di Verona, Verona 1954.
- M. CARRARA, Gli Scaligeri, Milano 1966 e 1971, pp. 7-54.
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- R. MORGHEN, L’eresia nel Medioevo in Medioevo cristiano, Bari 1962
- G. ORTI MANARA, Cronaca inedita dei tempi degli Scaligeri,Verona 1842.
- E. ROSSINI, La Signoria Scaligera, tratto da Verona e il suo territorio vol. III, tomo I, pp. 178-182. Verona 1975.
- TOMMASOLI, Lapidi e iscrizioni nelle vie di Verona, Verona 1957.