Quando si parla di medioevo è ormai nell’immaginario collettivo associarlo alla figura del prode cavaliere, armato di armatura completa, spadone e scudo pronto a combattere per l’onore e la patria.
Il guerriero medioevale si differenziava tuttavia in base a molteplici aspetti, primo tra tutti il ceto sociale.
‘esercito all’epoca era composto da contadini, soldati un po’ meglio addestrati e solo una manciata di cavalieri di stirpe nobile scendeva in battaglia.
Il ceto quindi definiva anche il tipo di equipaggiamento posseduto dal cavaliere, e qui voglio presentare una carrellata di armamenti che si sarebbero potuti vedere sul campo di battaglia dalla seconda metà del 1200 alla seconda metà del 1300.
LA SPADA
Iniziamo trattando uno dei più vasti argomenti dell’equipaggiamento di un combattente, e forse, anche uno dei più affascinanti.
Come per l’arco, le origini di quest’arma si perdono nella notte dei tempi tanto che Goffredo di Crollalanza nella sua celebre Enciclopedia Araldico – cavalleresca ne attribuisce l’invenzione a Tubal Kain figlio di Lamek e di Silla. Tubal Kain è un discendente di Caino ed è considerato dalla Genesi (4,17) come “il fabbro, padre di tutti i lavoratori del rame e del ferro”.
Quest’arma è stata da sempre mitizzata nelle varie epoche storiche, si pensi alla spada di Re Artù “Excalibur” che deriva in particolare dai miti germanici, tanto da entrare nei riti più solenni, qual è quello, ad esempio, dell’incoronazione.
- Spada detta di Carlomagno. Inizio secolo XIII. Usata per molti secoli per l’incoronazione dei re di Francia.
- La “spada nella roccia” nell’eremo di Montesiepi.
- La spada soprannominata Durlindana (Secondo il mito la spada di Rolando) trovata a Rocamadour, Francia.
- Esempio di riproduzione di una spada bastarda.
Tornando alla storia dell’arma, diremo che compare nel periodo preistorico come derivazione del pugnale litico ossia di pietra e pertanto fu, in principio, corta, ma con l’avvento del bronzo giunse a superare i 90 cm. Cominciò come stocco, ossia come arma da colpi di punta; poi quando si rese evidente la possibilità di usare anche il taglio nacque la necessità del filo nonchè quella di un rinforzo al punto d’unione fra la lama e l’impugnatura. Si cominciò ricavando in quest’ultima un alloggiamento per il tallone e, infine, si gettarono in un sol pezzo lama e codolo, dando a questo una modellatura tale da permettere il completamento dell’impugnatura stessa con placche in osso o legno o altro materiale, fermate da perni metallici detti rivetti.
L’arma si compone essenzialmente di due parti, suddivise a loro volta in altre:
“Suddivisione di una spada” dal Flos duellatorum (Fiore dei liberi).
Sotto: Diversi esempi di impugnatura in uso negli anni.
L’impugnatura: Questa parte della spada è quella adibita alla protezione e alla presa della spada; è divisa in elsa, manico e pomolo.
Elsa: Questo nome va attribuito alla barra trasversale che divide, l’impugnatura dalla lama, e che si è venuta progressivamente arricchendo nei secoli di archetti e di arresti, di ponti, rami e anelli, i quali permettono l’ingaggio della lama avversa e, soprattutto, la protezione della mano.
Manico: è la parte dell’impugnatura sulla quale poggerà la mano dominante delle schermitore; era spesso costituita da un’anima in legno rivestita di pelle, ma sono stati ritrovati esemplari composti da osso o ferro stesso.
Pomolo: è la parte terminale della spada, serve principalmente a bilanciarne il peso, tuttavia è estremamente versatile in quanto permette una discreta presa nel caso si impugni una spada (ad esempio una spada a una mano e mezza) con entrambe le mani; permette inoltre di infliggere pesanti colpi alle zone scoperte del nemico se l’avversario è molto vicino o, insieme all’elsa, di impugnare la spada al contrario e agitarla come una pesante mazza.
La lama: Essenzialmente divisa in due, codolo e lama vera e propria è la parte della spada meglio destinata a infliggere e parare colpi.
Codolo: è la parte finale della lama, molto ristretta serve ad ospitare elsa, manico e pomolo. Rimane qualche cm oltre tale misura in modo da venire poi battuta e ripiegata per rendere l’impugnatura stabile.
La lama: è la parte dell’arma esposta dopo l’impugnatura. Non è tutta affilata come si pensa, anzi; è idealmente divisa, partendo dall’impugnatura, in forte (parte utilizzata prevalentemente per le parate), medio (parte dedicata si alle parate ma anche ai giochi schermistici come prese, botte di ferro, ecc.) e debole. Solo quest’ultima parte è affilata ed è dedicata al ferire l’avversario o a penetrare nelle sue difese.
Sarebbe sciocco pensare di incorporare in un trattato tutte le varianti di spada esistite in un secolo di storia, tuttavia possiamo provare a riassumerne alcune.
- Sciabola
- Scimitarra
- Spada ad una mano
- Spada a lama larga
- Spada a punta o stocco
- Spada lunga
- Spada a una mano e mezza o bastarda
- Spadone a due mani
IL FALCIONE
Molto simile ad una spada quest’arma merita un discorso a parte.
Si presume che quest’arma sia nata da umili origini, molto probabilmente si trattava di un attrezzo agricolo utilizzato prima del 1200 riadattato poi come arma.
Questa “spada” possiede un unico filo, ed è particolarmente adatta a assestare potenti colpi di filo dritto.
L’arma assembla il peso e la potenza di un’ascia con la versatilità di una spada.
Il falcione si trova in diverse forme dall’undicesimo secolo fino al sedicesimo. In alcune forme il falcione può assomigliare ad una sciabola. In alcune rappresentazioni questo è molto simile ad un machete munito di guardia o paramano.
La lama concentra molto peso alla sua fine, cosa che rende l’arma più adatta al taglio come una mannaia.
Alcuni esemplari di quest’arma sono sopravvissuti nei secoli e mostrano che il falcione era grossomodo lungo dai 75 ai 99 Cm con una guardia in proporzione di 10-15 Cm e un peso variabile da 1,4 a 2 Kg.
Il primo è un falcione diffuso nella Norvegia attorno alla metà del XIV secolo, mentre il secondo si trova al British Museum ed è stato ritrovato a Hamburg.
In alto una riproduzione di una spada-falcione del 1300 mentre in basso un’immagine tratta da un’edizione del Romance du Alexandre, la versione conservata alla Bodleyan Library nella quale si possono vedere due falcioni, una spada e a terra un falcione dalla chiara forma a sciabola.
L’immagine qui di seguito può risultare molto fantasy come connubio di elsa-lama, tuttavia da un esame più accurato (comparato con una tavola del 1380) mostra come non sia altro che l’unione di una lama da falcione norvegese unita ad un’elsa discretamente in voga nei falcioni già dalla metà del 1300.
L’immagine a sinistra è presa da un blog in rete, quella a destra, cito testualmente: “1380-1385 – ‘Třeboň-altarpiece, resurrection’ (Master of the Třeboň-altarpiece), Praha, Klášter sv. Anežky České, Praha, Czech Republic”
L’ASCIA (Scure)
Un nome improprio per definire uno strumento usato fin dall’antichità.
La scure, questo il termine corretto,fu uno strumento, spesso di origine contadina, usato perfino ai tempi degli egizi, greci, babilonesi e da tutte le culture del mondo come arma da battaglia.
Questo oggetto è tra quelli che meno ha subito evoluzione nel corso degli anni, rimanendo per lo più immutato nei secoli. L’unica grande evoluzione si ha quando venne allungato il manico fino a trasformarlo prima nel mazzapicchio e poi nelle varie differenziazioni di alabarda.
Esistono nel medioevo due tipi fondamentali di scure. Quelle di tipo corto, a lama a mezzaluna, che si usano con una sola mano (tra cui la francesca, ascia da lancio dei Franchi) e quelle lunghe, come quella danese a due mani, con lama che termina verso l’alto a punta, quindi permette l’uso anche di punta. L’ascia a due mani era, a detta delle cronache del tempo, capace nelle mani di un valido huskarl di spaccare con un sol colpo cavallo e cavaliere, come impararono a loro spese i Normanni ad Hastings (1066).
Da notare che seppur minime le varianti della scure aggiunsero nuovi possibili colpi dopo la metà del 1300, quando in battaglia era ormai frequente trovare un cavaliere o un fante corazzato con piastre di metallo.
Un Huscarl sul “Bayeux Tapestry” con in mano un ascia danese e la relativa riproduzione.
Replica di una Francesca
Infatti, sebbene all’inizio fossero oggetti più simili alle scure contadine, vennero dapprima rovesciate le teste delle scuri per infliggere maggiori danni a un bersaglio alto e per sfruttare , seppur minimamente, i colpi di punta, e poi modificate le forme e allungati i manici, in modo da avere una superficie minore di impatto ( come nel caso dell’ascia danese) o aggiunte punte in testa e sul retro della lama per essere usate come martelli d’arme o piccole picche.
Riproduzioni di scuri da guerra e loro evoluzione
Da qui in poi infatti si iniziano a vedere le prime vere e proprie scuri d’arme che saranno la vera evoluzione di quest’oggetto, usato persino ai giorni nostri dalle truppe americane. Inoltre fu proprio l’idea di allungare di molto il manico a mostrare le prime avvisaglie di alabarde svizzere.
Una sorta di mito è la famosa ascia bipenne; la quale non fa assolutamente parte del panorama delle armi medievali.
Anzi, storicamente l’unica ascia bipenne accertata è la labrys cretese, e stiamo parlando del XVI – XV secolo a.C. e il cui uso in effetti sarebbe attestato come prettamente cerimoniale.
Per quanto sia possibile che armi a due lame siano esistite e siano state portate in guerra, il loro uso sarebbe stato aimè meglio adatto a un uso contadino, lavorativo o cerimoniale, visto che aumentando il peso e raddoppiando la superficie di taglio si aumenta considerevolmente la forza del colpo (utile però esclusivamente con un lento movimento a tirare giù un albero) e si dimezza l’usura dell’oggetto(ottimo per non dover affilare la scure troppo spesso). Difficile sarebbe stato muoversi per un campo di battaglia con un oggetto pesante il doppio, molto lento e l’occupare lo spazio di una seconda penna con qualcosa di diverso da una punta o un uncino si sarebbe rivelato controproducente.
Molto interessante è il fatto che la scure rientri nella dotazione standard dei templari infatti, secondo il loro Codice, loro e tutti gli ordini militari ne fecero ampio uso durante le crociate e nel periodo subito seguente.
Riproduzione di una testa di scure dalla bibbia Majceikovsky
Immagine a sinistra presa dal sito d’aste “hermann-historica munich” di un set di scuri del 1300 ora vendute a un privato. Da notare il particolare di come anche al tempo fissavano la testa della scure.
MAZZE
Le mazze si dividono essenzialmente in tre gruppi, quelle a forma di un grande martello, chiamate martelli d’arme, quelle con una grande palla come parte terminale e quelle che uniscono la palla di ferro terminale con una catena al legno denominate mazzafrusti.
Di mazze ne esistono diverse; lamellari (tipiche del medio oriente, e utilizzate dai crociati), di semplici e di borchiate. La mazza tipica è un’arma che trova le sue origini agli albori dell’umanità. Consiste in una testa di ferro o legno duro montata su un manico di legno e sovente di metallo. L’elaborazione della mazza ferrata letteralmente esplode nel XIV e XV secolo d.C., quando le mazze, i martelli da guerra e i flagelli diventano le tipiche armi contro le pesanti armature e scudi dei cavalieri nobili.
Morning star, dal museo della tortura di Friburgo, sotto vari esempi di mazze d’arme.
Sotto: a sinistra un martello d’arme a becco di corvo, a destra vari tipi di martelli d’arme.
Sotto: a sinistra clave e mazze rudimentali in legno o in legno e ferro mentre a destra una mazza da trincea della 2° Guerra Mondiale.
La mazza non richiede molto addestramento, ma è un’arma dalla grande inerzia, che può lasciare scoperti se il primo colpo non va a segno ma che si presenta praticamente fatale in caso l’attaccato non riesca a parare o schivare il colpo.
La mazza è un arma che fu usata fino alla seconda guerra mondiale (chiamata mazza da trincea) e èuna delle armi che più ha accompagnato l’umanità fin dai tempi più remoti; è dimostrato infatti che l’essere umano sotto stress eccessivo, quando deve lottare per la sopravvivenza, inizia difendersi con il movimento che trova istintivamente più elementare, esso altro non è che un colpo dall’alto verso il basso con la mano posta come se impugnasse una mazza.
In effetti è proprio questo il motivo che spinge le migliori scuole di combattimento armato a insegnare ad utilizzare in condizioni di pericolo coltelli e oggetti acuminati con la punta rivolta verso il basso(impugnati a martello).
Se la mazza altro non è che l’evoluzione della preistorica clava, è proprio durante il medio evo che i trebbi usati per battere il grano vengono trasformati in vere e proprie armi.
Molto interessate è da notare l’evoluzione di questo oggetto.
Il trebbio è uno strumento formato da due bastoni (uno lungo come un uomo e uno lungo circa la metà) uniti da una catena o fitto cordame, che durante le guerre contadine si è evoluto come arma, dapprima innestando chiodi e rinforzi sulla parte più corta, poi invece sostituendola con una o più palle di metallo chiodate, le quali ruotando generavano un immenso potere d’impatto.
E’interessante notare come nell’immaginario collettivo questo strumento sia entrato come molto pi&ù corto, tuttavia c’è una spiegazione.
Il mazzafrusto sopra spiegato fu famoso durante le battaglie, ma fu usato prevalentemente dalle classi meno ricche, e necessitava inoltre di un notevole spazio per essere maneggiato, per questo motivo era adatto ai ranghi di fanteria.
Inoltre essendo costruito per gran parte in legno e usato solo in battaglia (e probabilmente ritrasformato in attrezzo agricolo al termine di quest’ultima per limitare l’usura del ferro, materiale certo più costoso del legno) nei secoli i ritrovamenti sono strati davvero minimi.
Il mazzafrusto che oggi meglio si ricorda fu quello da cavaliere; spesso formato da una sola palla legata ed una catena era molto più corto, e si poteva impugnare ad una mano o legare alla sella del cavallo in modo che la cavalcata stessa lo facesse roteare con ovvi vantaggi. Ovviamente essendo uno strumento da cavaliere, e perciò da nobile, i ritrovamenti sono stati più comuni per questo oggetto che è stato conservato più facilmente in castelli e residenze.
Molto curioso è notare come in epoche simili ma luoghi diversi questo strumento abbia avuto diverse evoluzioni; se in Europa si è evoluto come oggetto da sfondamento per abbattere armature in Cina si è evoluto creando il famoso nunchaku, non essendo in effetti necessario sfondare armature ma prediligendo la velocità e la forza cinetica conseguente.
ARMI AD ASTA
Elencare tutte le varianti di armi ad asta in uso durante il medioevo sarebbe un lavoro immenso, in ogni caso possiamo provare a dividere le armi ad asta in tre diverse categorie: le armi ad asta atte a tagliare, quelle atte a perforare e spaccare e quelle che solitamente venivano impiegate per il lancio.
La picca è senza dubbio la miglior rappresentazione di arma atta a perforare, è famosa specie per i ranghi di picchieri che, usando quest’arma, si opponevano coraggiosamente alle cariche di cavalleria letteralmente impalando cavallo e cavaliere in carica. Di simile uso è lo spiedo lanzichenecco, evoluto dalla pala da porci italiana, usata in modo similare ai picchieri tuttavia per un uso diverso, la caccia al cinghiale. Lo spiedo da caccia o il buttafuoco sono varianti di quest’arma.
Nell’immagine seguente si vedono le varie evoluzioni dell’alabarda e conseguentemente del falcione o roncone, ovvero l’innesto di una punta in apice e di un uncino nella parte posteriore per disarcionare il cavaliere.
- Spiedo dei lanzichenecchi;
- Picca;
- Lancia;
- Spiedo da caccia;
- Buttafuoco;
- Falcione;
- Partigiana;
- Alabarda;
- Alabarda;
- Roncone;
- Mazzapicchio;
- Berdica.
Fonte “earmi.it”
Il mazzapicchio e l’azza italiana sono a loro volta esempi di manici allungati della scure d’arme e del martello d’arme il cui uso è pressoché identico, tuttavia l’utilizzatore è avvantaggiato da una notevole distanza dall’avversario e dal lungo manico che permette di infliggere colpi con una maggiore forza cinetica.
- Mazzapicchio alla scocca (degli Usococchi, truppe levantine di Venezia);
- Mazzapicchio alla veneta;
- Mazzapicchio alla tedesca;
- Azza;
- Azza da cavallo;
- Luzernerhammer.
(Ill. De Vita) da “earmi.it”
Il giavellotto è un tipo di arma in asta usata come arma da lancio. Formato da un’asta munita di una punta di metallo, è utilizzato sin dai tempi più antichi per la caccia ed in combattimento. In epoca medievale un evoluzione di questa arma era chiamata Angone.
La lancia fu un’altra arma usata dai tempi più remoti per combattere come una picca o meglio ancora per essere lanciata a corta distanza, almeno corta per un arma da lancio.
Lancia fu il nome impropriamente dato anche allo strumento che i cavalieri utilizzavano durante i tornei per gioco, chiamandola lancia da cavalleria.
Nell’immagine a lato
A-D-H) Ferro di lancia da guerra;
E) Lancia da guerra;
F-G) rocchio per lancia da torneo (cortese);
I) Lancia cortese;
L) Impugnatura lancia da carosello (cortese);
M) Lanciola;
N) Lancia alla moderna.
DAGA
La daga è una spada corta a lama larga e diritta che soprattutto nel XIX secolo armava numerosi corpi armati, come le guardie civiche.
In origine fu importata da popolazioni barbare e adottata dalle legioni romane in quanto comoda, maneggevole e molto robusta, caratteristiche che la rendevano adatta a combattimenti ravvicinati. La forma triangolare della lama e la sua larghezza la rendevano robusta e difficile da deformare così da poter essere utilizzata per bucare le corazze dei nemici; tali caratteristiche comuni ad altre lame romane inducono a classificare la daga tra le armi da punta piuttosto che tra quelle da taglio propriamente dette.
Molto usata per tutto il medioevo presentava una lama a V lunga circa 35 cm. Tipici esempi sono la daga a rognoni o la daga a rondelle. Questa particolare daga veniva usata anche in duelli tra il 1400 e il 1600, con le particolari tecniche di combattimento descritte da Fiore dei Liberi, Achille Marozzo, Antonio Manciolino e altri.
Successivamente assunse una forma più classica, con lama piatta e stretta, utilizzata da sola, accompagnata dalla cappa o come mano-sinistra.
Pugnale o corta spada da usare con la mano sinistra nei duelli.
A) Pugnale da duello con lame a seste;
B) Pugnale a seste;
C) Daghetta da duello con lama a pettine;
D) Pugnale con lama a seste;
(Ill. De Vita)
A destra due daghe a rognoni, sotto una daga a rondelle
Immagini di affreschi raffiguranti una basilarda
Riproduzione di una basilarda
ARCO
L’arco è uno strumento da lancio costituito da un elemento flessibile le cui estremità sono collegate da una corda tesa che ha la funzione di imprimere il movimento del proiettile chiamato freccia. Utilizzato come arma da caccia e da battaglia soprattutto nell’antichità, oggi viene utilizzato principalmente come attrezzo sportivo nella pratica del Tiro con l’arco.
L’azione dell’arco avviene come segue:
- La freccia viene assicurata alla corda grazie ad un elemento apposito (la cocca, che tuttavia lascerà la freccia stessa libera di sganciarsi al momento del rilascio) è appoggiata all’arco all’incirca nel suo punto mediano.
- La corda viene allontanata dall’arco per quanto lo consente la lunghezza della freccia. In questo momento si imprime alla corda la forza necessaria a far compiere alle parti flessibili dell’arco una deformazione elastica, immagazzinando quindi energia potenziale.
- La corda viene rilasciata permettendo all’arco di riprendere la forma originale riportandola violentemente verso l’arco stesso. L’energia è ora trasferita alla freccia imprimendole un moto rettilineo, a parte una certa dissipazione che si nota soprattutto nelle vibrazioni susseguenti, che percorrono tutto l’arco e la corda.
Gli archi moderni sono costituiti dai seguenti elementi:
- 2 flettenti o limb che rappresentano la parte flessibile ed elastica.
- 2 tips (parte terminale dei flettenti) su cui viene inserito l’anello della corda
- la corda, costituita da una serie di fili o stoppini (tipicamente 12-18) attorcigliati a partire dalle estremità in modo da assicurare robustezza ed elasticità
- 1 riser o parte centrale, tipicamente rigida, che unisce i flettenti.
Sul riser troviamo:
- l’impugnatura o grip.
- il poggiafreccia o rest.
- sui ricurvi moderni il bottone, ossia un sorta di frizione che compensa quello che è comunemente chiamato “paradosso dell’arciere”, ovvero l’influenza sul volo della freccia del rilascio manuale.
Gli archi si possono distinguere in queste categorie in base alla forma e al particolare tipo di funzionamento che li costituiscono:
- Longbow o arco lungo: arco gallese (quello di Robin Hood) ha flettenti stretti e molto lunghi, il riser costituisce la sola impugnatura con un piccola finestra.
- Arco ricurvo: il riser è lungo circa 1/3 di tutta la lunghezza dell’arco, i flettenti sono più corti rispetto a quelli del longbow ma sono pi&ù larghi. Il profilo dei flettenti con cotrocurvatura garantisce un rendimento maggiore rispetto ad un arco lungo di pari libbraggio. Nei ricurvi moderni i flettenti sono spesso smontabili (arco take down). La maggior massa del riser conferisce maggiore stabilita’ durante la fase di rilascio e quindi maggior precisione . Dall’arco ricurvo sono derivati i moderni archi “olimpici” per il tiro alla targa (cerchi concentrici)
- Arco composito: diffusissimo in oriente, ha un’impugnatura corta come il longbow con cui condivide anche la sezione dei flettenti, si differenzia dal fatto che questi ultimi sono composti di corno, ed i limb sono di legno e rigidi, il tutto ricoperto da tendine animale. Inoltre ha una forma tale che permette di caricare i flettenti notevolmente rispetto agli archi di legno.
- Arco compound: è caratterizzato dal fatto che sfrutta il principio dei flettenti semirigidi utilizzando il sistema di leve ad eccentrici (cams in Inglese).
Sopra rispettivamente un arco lungo e un arco composito
Tra i materiali utilizzati dall’antichità ai giorni nostri troviamo il famoso legno di tasso (utilizzato soprattutto in Europa), in tempi più recenti materiali metallici (alluminio forgiato/fresato) e sintetici/polimerici tra cui fibra di vetro e fibra di carbonio.
Anche le corde hanno subito miglioramenti si è passato da fibre naturali come lino e tendini di bue al Dacron fino ad arrivare al moderno Fast Flight che ha una resistenza e rigidità superiore ai cavi d’acciaio.
L’arco non ha avuto importanza rilevante in battaglia nel medioevo fino alla guerra dei Cent’anni tra Inghilterra e Francia. Unità di arcieri sono sempre esistite ma erano sempre considerate di poco conto.
L’arco non è un’arma da sottovalutare. Prove di campo hanno dimostrato che un arco lungo inglese può perforare un’armatura di metallo a 80 metri di distanza. E sono stati proprio gli arcieri che hanno dato la vittoria agli inglesi in quasi tutte le battaglie della guerra dei Cent’anni. Esisteva una legge in Inghilterra per la quale tutti gli abitanti dei villaggi dovevano esercitarsi per almeno due ore ogni domenica al tiro con l’arco. Gli arcieri inglesi erano capaci di tirare fino a 10 frecce al minuto, per una distanza di circa 300mt e tendevano archi con un libraggio tra le 120 e le 170 libbre.
BALESTRA E ARBALESTA
La balestra è un’arma potente e famosa, ma lenta ed ingombrante. Le unità di balestrieri (famosi quelli Genovesi) erano relativamente rare ed erano accompagnate dai palvesieri (soldati armati di lancia col compito di posare i grandi palvesi dinanzi ai balestrieri). La balestra deve la sua potenza al fatto che i flettenti dell’arco sono fatti di metallo, ma questo è anche il suo handicap, dato che il caricamento è sempre lungo e laborioso.
Balestre antiche
Progetto di una balestra di Leonardo Da Vinci
Il caricamento della balestra veniva fatto a mano o tramite un piccolo argano, quindi la cadenza di tiro (ma anche la gittata) era inferiore a quella di un arco (2 dardi al minuto contro le 10 di un arciere); inoltre, dato lo spessore della corda, la balestra risentiva di più degli effetti della pioggia sul campo, come dimostra il fallimento dei balestrieri genovesi alla battaglia di Crecy (1346).
Più grande di una normale balestra, l’arbalesta aveva un corpo d’acciaio. Le maggiori dimensioni e il maggiore carico di rottura dell’acciaio le consentivano una forza maggiore. Le arbaleste più potenti erano attrezzate con una piccola carrucola per il caricamento, e potevano sprigionare fino a 22 kN (circa 2243 kgf), ed erano precise fino a 900 metri di distanza. Un bravo balestriere avrebbe potuto sparare due colpi al minuto. Le arbaleste erano a volte considerate disumane o scorrette, dato che un arbalestriere senza esperienza avrebbe potuto uccidere un cavaliere di livello superiore.
Un arbalestiere da wikipedia
FROMBOLA
L’origine della frombola è sconosciuta. Sembra svilupparsi indipendentemente universalmente. Il concetto è abbastanza semplice. Una volta che si è cominciato a gettare sassi (o altri proiettili semplici) per cacciare e combattere, la frombola è stata introdotta come estensione del braccio per avere un vantaggio meccanico più grande. Ci sono molti riferimenti alle frombole nei documenti storici. La maggior parte della gente per esempio, conosce la storia di David e di Golia.
Sono state usate dal Sumeri, dagli Assiri e dagli Egiziani, questo anche perchè era costoso fornire archi e frecce a migliaia di soldati. Le frombole sono state utilizzate anche dalle formazioni ausiliarie romane come un’arma a lungo raggio poco costosa. Si utilizzavano i proiettili a forma di pallone da football americano che si presume potessero perforare un’armatura.
In generale, la frombola è un’arma difficile da imparare ad usare efficacemente ed a causa di ciò, pochi eserciti hanno utilizzato la frombola nella stessa misura dell’arco o della balestra.
Le frombole sono state utilizzate anche come armi da caccia al di là dell’impiego bellico. Ci sono documenti che descrivono gruppi di cacciatori che uccidono grosse prede con il solo uso delle frombole. Come proiettili si usavano spesso i ciottoli dai fiumi, poichè erano più sferici e lisci, tuttavia in epoca più tarda, presso i celti si iniziarono a vedere i primi proiettili in piombo fuso. La cosa interessante è che questi proiettili venivano fusi in stampi che li marcavano con disegni o frasi di scherno che permettono quasi di risalire al luogo di produzione come le marchiature di un moderno bossolo da arma da fuoco. L’uso delle frombole come arma è diminuito nel tardo Medio Evo a causa degli perfezionamento nel disegno della balestra e dell’arco. L’arco lungo ed la balestra sono diventati sempre più raffinati consentendo più precisione con meno addestramento.
Addirittura si accreditava da parte degli autori antichi alla frombola la capacità di lanciare cosi velocemente questi proietti in piombo da portarli alla liquefazione come scrive Virgilio nell’Eneide.
Le maggiori evidenze dell’uso bellico della frombola presso i celti si trovano presso le rovine degli oppida dove negli angoli delle fortificazioni si sono trovati mucchi di ciottoli simili per dimensioni e peso: risulta evidente che si tratta di “munizioni” preparate per un uso immediato.
L’impiego bellico della frombola,oltre quello della difesa delle fortificazioni, era riservato alla fanteria leggera che la impiegava per creare uno schermo di proiettili in volo che costringevano l’avversario a rallentare la manovra o a coprirsi dietro gli scudi perdendo di vista cosi i movimenti sul campo di battaglia.
Altro uso della frombola era nei luoghi e nelle situazioni dove era difficile condurre combattimenti manovrati come boschi fitti o terreni particolarmente accidentati.
Anche se in misura minore l’uso delle frombole durante il medio evo è sempre stato decisamente importante, visto che, anche se con una minor gittata e precisione, un proiettile di frombola poteva causare decisamente più danni di una freccia (notoriamente più leggera) e era facilmente trasportabile da ogni soldato di fanteria rendendo estremamente versatile in caso di bisogno l’unità.
L’uso moderno della frombola avvenne durante la prima guerra mondiale dove, sul fronte occidentale, fu impiegata per lanciare le bombe a mano da una trincea all’altra e tuttora viene spesso usata nelle guerre urbane spesso in Medio Oriente e Palestina.
Immagine di frombola e tecnica di lancio
La frombola non va confusa con il fustibalus in cui la correggia è fissata all’estremità di un bastone lungo un metro che imprime velocità al proiettile, consentendo una elevata velocità periferica e quindi una elevata forza centrifuga. L’estremità anteriore della cinghia era sistemata in maniera da svincolarsi dal bastone al momento giusto, con un po’ di abilità del lanciatore.
Ricerca a cura di Giacomo Slemer