Dante Alighieri fu un poeta, scrittore e politico fiorentino. Considerato il padre della lingua italiana, è l’autore della celebre Divina Commedia.
Nato da una famiglia guelfa di Firenze, di piccola nobiltà ebbe come suo primo e più importante maestro di arte e di vita è Brunetto Latini. Dante cresce in un ambiente “cortese” ed elegante, impara da solo l’arte della poesia e stringe amicizia con alcuni dei poeti più importanti della scuola stilnovistica: Guido Cavalcanti, Lapo Gianni e Cino da Pistoia, condividendo con loro un ideale di cultura aristocratica e di poesia raffinata.
La sua carriera politica raggiunge l’apice nel 1300 quando Dante, guelfo di parte bianca, viene eletto priore (la carica più importante del comune fiorentino): il poeta è un politico moderato, tuttavia convinto sostenitore dell’autonomia della città di Firenze, che deve essere libera dalle ingerenze del potere del Papa. L’anno successivo, il papa Bonifacio VIII decide di inviare a Firenze Carlo di Valois, fratello del re di Francia, con l’intenzione nascosta di eliminare i guelfi bianchi dalla scena politica; Dante e altri due ambasciatori si recano dal Papa per convincerlo a evitare l’intervento francese, ma è ormai troppo tardi! Dante è già partito da Firenze quando Carlo di Valois entra nella città e sostiene il potere dei guelfi neri: il poeta non ritornerà mai più nella sua città natale, è condannato ingiustamente all’esilio.
Per Dante l’esilio rappresenta un momento di sofferenza e di dolore e al tempo stesso uno stimolo per la sua produzione letteraria e poetica: lontano da Firenze può vedere in modo più nitido la corruzione, l’egoismo, l’odio che governano la vita politica, civile e morale dei suoi contemporanei. La denuncia e il tentativo di indirizzare di nuovo l’uomo verso la retta via sono per lui l’ispirazione di una nuova poesia che prende forma nella Divina Commedia.
Negli anni dell’esilio, Dante viaggia per l’Italia centrale e settentrionale, chiede ospitalità alle varie corti fra le quali quella di Can Grande della Scala, a Verona, divenendone amico ed ammiratore: a conferma di ciò Dante scrive numerose lodi su di lui, in particolare nel canto XVII del Paradiso della Divina Commedia, dal verso 69 al 92. Questi in qualche misura riflettono la fama di Cangrande ai suoi tempi, quando, come osservò Dante, le sue magnificenze conosciute saranno ancora, sì che ‘ suoi nemici non ne potran tener le lingue mute.