Il castello di Soave è un tipico manufatto militare del Medioevo che sorge sul Monte Tenda dominando la pianura sottostante.
E’ costituito da un mastio e da tre cortili con dimensioni differenti, e sorge probabilmente sulle rovine di una precedente rocca romana. Il primo cortile (su cui si apre una porta con ponte levatoio), misurante 1163,90 m², fu l’ultimo in ordine di costruzione, opera della Repubblica di Venezia nel ‘400. Nel cortile si scorgono i resti di una chiesetta a tre absidi probabilmente risalente al X secolo, il tempo delle scorrerie degli Ungari (e, dunque, probabile luogo di rifugio per la popolazione anche se fuori dalle mura dell’originario castello) Attraverso una porta con saracinesca si passa al secondo cortile (il primo dell’antico castello), il più grande (2921,60 m²), detto della Madonna per un affresco (Vergine che protegge i fedeli inginocchiati) del 1321 presente sopra la porta d’ingresso ad occidente. Nello stesso cortile è presente una porta di soccorso in quanto destinata al rifornimento degli occupanti il castello in caso di difficoltà. Inoltre s’intravedono tracce di edifici (alloggi per i soldati) nei lati ovest e sud. L’ultimo cortile, il più piccolo (972,18 m²) e il più elevato, si raggiunge tramite una scaletta di legno: la soglia della porta è così elevata per ostacolare i nemici in caso di attacco. Oltrepassata la porta s’intravede un affresco del 1340 raffigurante un soldato scaligero (affresco che documenta come era armato un soldato degli Scaligeri a quei tempi); la scritta Cicogna (o Cigogna) se si riferisce al pittore richiama affreschi dello stesso presenti a San Pietro in Briano e a San Felice di Cazzano di Tramigna. Ciò che colpisce l’occhio è il grande mastio nel quale si entra tramite un’apertura nel basamento; era il luogo di estrema difesa ma il mucchio di ossa trovate in questo luogo fa immaginare che sia stato anche luogo di tortura e prigione. Al centro della corte si trova una vera da pozzo antica (si vedono i segni dell’usura delle corde) mentre un po’ a destra abbiamo la stanza destinata al corpo di guardia dove troviamo armi di offesa e difesa usate dai soldati scaligeri. Anche nel cortile interno si ritrovano resti di caserme. Una scala esterna permette di entrare in quella che era l’abitazione del signore o del suo rappresentante (il Capitano, in epoca scaligera). La stanza centrale è detta “la Caminata” per via del grande camino presente. Sulla tavola son presenti (in alcune cassette) oggetti trovati nel restauro (o prima) del castello come monete romane, frammenti di armi ma anche strumenti di guerra provenienti da altri castelli e monete e medaglie ritrovate in più tempi a Soave. Dalla “Caminata” si accede ad un cortile piccolo aperto in epoca veneziana. La stanza centrale comunica poi con la camera da letto (in cui è da notare l’affresco duecentesco del Crocefisso tra la Madonna e la Maddalena) e con la sala da pranzo con tavola imbandita con stoviglie riproducenti quelle dell’epoca. Da questa sala si giunge ad una stanzetta con cinque ritratti: Mastino I, il fondatore della fortuna e della potenza scaligera; Dante Alighieri (di cui si presume un soggiorno nel castello); Cangrande, il più importante tra gli Scaligeri; Cansignorio della Scala, il quale restaurò ed ampliò il castello, fece circondare Soave dalla cinta muraria e fece costruire il Palazzo di Giustizia e quello Scaligero; Taddea da Carrara, moglie di Mastino II.
Da documenti che risalgono al secolo X e da un diploma di Federico Barbarossa si apprende che apparteneva ai Conti Sambonifacio di Verona. Nell’anno 1237 ne era in possesso l’illustre famiglia feudale dei Greppi, i quali trasferitisi in Lombardia lo cedettero nel 1270 al Comune di Verona, il quale vi stabilì un capitano.
Il Castello crebbe d’importanza sotto la dominazione degli Scaligeri, i quali, considerandolo una solida fortezza militare in posizione strategica, lo restaurarono e lo rinnovarono; per questo si usa chiamarlo, impropriamente, “scaligero”.
Lotte assai aspre si accesero spesso per il suo possesso: eccone qualche notizia.
Nel 1338 Rolando de’ Rossi da Parma, generale dei Veneziani, messa a soqquadro la terra soavese, si impadronì del Castello.
Dopo breve, ma strenua lotta, nella quale perirono 400 soldati scaligeri, fu ripreso da Mastino Il della Scala.
Spentasi la gloriosa dinastia scaligera, il 18 ottobre 1387 Soave passò ai Visconti di Milano e quindi ai Carrara, signori di Padova. Costoro lo perdettero nel 1405 ad opera di Galeazzo Gonzaga, che con l’aiuto degli abitanti vi instaurò il dominio della Repubblica di Venezia. Nel 1439 Soave subì nuovamente l’assalto e la conquista dei Visconti. Passò quindi agli alleati della lega di Cambrai (1508) contro Venezia ed ospitò l’imperatore Massimiliano. In questo periodo la terra di Soave fu teatro di aspre lotte e di scontri sanguinosi. Il Castello e il paese vennero incendiati e 366 Soavesi passati a fil di spada; l’eroismo del capitano Rangone e degli abitanti liberò nel 1511 il Castello dai nemici di Venezia. Nel 1517 il paese venne simbolicamente consegnato al Provveditore veneziano Andrea Gritti, non ancora eletto Doge. La “Serenissima”, a ricordo di queste gesta di eroismo, donò alla comunità di Soave un’Antenna e lo Stendardo di San Marco, da innalzarsi nelle feste civili davanti alla casa del Comune. Cominciò allora un lungo periodo di pace che durò quasi tre secoli fino a Napoleone Bonaparte (1796). Nel 1556 la famiglia Gritti divenne proprietaria del Castello (il rogito formale dell’acquisto del Castello fu fatto però solamente nel 1696), il quale perse in seguito d’importanza e fu trasformato in fattoria. Da questo stato di rovinoso abbandono venne risollevato e restaurato (1889 – 1897) nelle sue “pristine forme” dal nuovo proprietario, senatore del Regno d’Italia, Giulio Camuzzoni, che ispirato da un preciso scopo archeologico, riattò e rifece quelle parti della cui esistenza non si poteva dubitare.
Ricerca a cura di Marco Venturini