La prima testimonianza del diritto feudale del Vescovo di Verona su Bovolone risale al privilegio di Ratoldo, stilato in data 24 Giugno 813. Se ne ha nuovamente notizia solo nel 1153 da un breve del Pontefice Anastasio II che conferma il diritto del Vescovo di Verona alla pieve con cappelle, decime e corte. Di poi una serie di avvenimenti confermano lo stretto rapporto tra il Vescovado e Bovolone, tra cui le riconferme dei privilegi da parte di Federico Barbarossa nel 1154 e 1185, una querelle per la costruzione di una strada del 1179, fino all’inibizione di qualunque ingerenza da parte del Comune o da ufficiali del Podestà ordinata da Cangrade, riconfermata poi da Mastino e Alberto nel 1338, da Cansignorio e Paolo Alboino nel 1360 e nel 1375 da Bartolomeo e Antonio. Anche la dominazione della Serenissima non modifica i diritti acquisiti dalla curia su Bovolone e sarà solo la Caduta di Venezia porrà fine ai privilegi Vescovili nel XVII Secolo.
Il castello vescovile che si può ammirare oggi a Bovolone è il risultato soprattutto di due importanti campagne di lavori sull’originale fabbrica medioevale. La prima su commissione del Vescovo Veneziano Ermolao Barbaro a metà del XV secolo e la Seconda per conto del Vescovo Giovanni Andrea Avogadro a cavallo tra XVII e XVIII secolo.
Del complesso originale non è rimasto nulla, le fabbriche sono state demolite o conglobate nei nuovi progetti modificandone sostanzialmente la morfologia. Eppure possiamo farci un’idea abbastanza realistica di com’era in origine osservando due rappresentazione dello stato dei luoghi, la prima di Panfilo Piazzola redatto il 25 Ottobre 1570 e una copia successiva redatta da Vincenzo di Anzoli il 10 Marzo 1621. Entrambi i documenti mostrano una veduta “a volo d’uccello” consentendo di ricostruire la composizione degli edifici. I disegni sono realizzati dopo la ristrutturazione voluta dal vescovo Ermolao Barbaro e probabilmente in origine il complesso era molto più contenuto. Poco lontano si può ammirare il castello di Salizzole probabilmente coevo ai primi insediamenti del palazzo di Bovolone, ma che nei secoli ha subito relativamente meno trasformazioni, suggerendoci la forma che potrebbe aver avuto nel medioevo.
L’area era delimitata su tre lati da un alto muro merlato e sul quarto dal fiume Menago. Lungo il muro si innalzavano sei torri merlate e l’accesso avveniva attraverso un grande portale anch’esso fortificato e dotato di merli contrapposto ad un portale simile per l’accesso dal Menago. La parte centrale del complesso era formata da un’alta torre, soprannominata “Colombaron”, che fungeva da snodo tra due edifici a due piani dotati di porticato ad archi. Vi sono poi indicati una coppia di fabbriche rusticali nell’angolo nord.
L’intero complesso recintato era diviso in cinque parti con funzioni ben definite: il “Brolo” con morari e ontani ed una peschiera; l’Ara di Sotto, cuore del Vescovato, con la Palazzina del vescovo, corti ed orticelli a cui si accedeva attraverso i monumentali portali; l’Ara di Sopra con l’altro accesso alla Palazzina e la Caneva; il Campetto con fabbricato ove venivano immagazzinati i cereali; il Prà della Selva un appezzamento di terra con l’accesso al ponte e alla valle oltre Menago.
Nel ‘700 inizia la consuetudine di trascorrere alcuni periodi dell’anno in campagna, pertanto i grandi centri agricoli iniziano ad essere maggiormente indirizzati verso l’idea di lussuose residenze temporanee. Così il Vescovo Gian Andrea Avogadro sul finire del XVIII secolo inizia un’importante campagna di lavori nel palazzo e lo trasforma dandogli l’attuale fisionomia. Vennero demolite le torri e la recinzione merlata, viene modificato l’ingresso realizzando il nuovo portale ornato di vasi, pigne ed obelischi che conduce direttamente al palazzo con un grande effetto scenografico. La palazzina venne raddoppiata in larghezza e altezza, inglobando così il vecchio “Colombaron”. La nuova facciata è in stile neoclassico con pilastri a bugnato al primo livello, coppie di lesene doriche al secondo e ioniche al terzo, i fregi sono realizzati con l’inserimento di metope e triglifi, con bucorni in corrispondenza delle paraste. Sulla copertura sono stati posizionati otto obelischi che danno alla fabbrica un notevole slancio verso l’alto.
Ricerca a cura dell’Arch. Daniele Adami
Fonti
- Bruno Bresciani, “Terre e castella della bassa veronese”, Bergamo, 1933
- Remo Scola Gagliardi, “Le corti rurali tra il Menago e Tregnon dal XV al XIX secolo”, Edizioni Banca Agricola Popolare di Cerea, Cerea, 1992
- Remo Scola Gagliardi, “La mensa vescovile di Verona”, Verona, 1987
- Remo Scola Gagliardi, “Villa Bodoloni, sviluppo edilizio di un borgo rurale dal XIV al XIX Secolo”