Il vino nel Medioevo

Con la caduta di Roma e i problemi socio-politici derivati, la produzione di vino da parte dei popoli conquistati dai romani diminuisce. A mantenere appezzamenti di terreno destinati alla viticultura furono quasi esclusivamente i monaci ed altri ecclesiastici, che tennero vive le tecniche di coltivazione e di produzione del vino che sarebbero altrimenti andate perdute: continuarono a produrre vino, non solo per autoconsumo, ma anche e soprattutto per l’uso liturgico, tanto che per alcuni ordini monastici divenne quasi una ragione di vita (anche la birra viene prodotta, vedi per esempio le “Birre trappiste” dei monaci trappisti nei 7 monasteri tra Belgio e Olanda).
La rinascita Enologica si ha tra il 650 e l’850 durante l’epoca di Carlo Magno, che incoraggiò la viticultura e la produzione di vino emanando anche leggi rigorose. Tra queste ci fu anche la concessione ai viticoltori di poter esporre una frasca sopra l’ingresso della cantina domestica per indicare la disponibilità di vendita ai passanti.

TIPOLOGIE DI VINO

I vini ritenuti più nobili e raffinati erano i bianchi, infatti la “vinificazione in bianco” implicava un processo produttivo più attento perché frutto di un’accurata selezione della materia prima: era il risultato della fermentazione di un mosto separato dalla vinaccia e dai graspi. Il vino rosso invece manteneva un valore simbolico a causa del suo utilizzo nelle liturgie ecclesiastiche.
Il vino medievale era inoltre suddiviso in diverse qualità: il vino puro (detto anche vino fiore) poteva essere vinificato sia in rosso che in bianco. Ricavato dalla fermentazione del mosto puro, era il prodotto più pregiato e consumato dai più ricchi. Sottoponendo poi ad ulteriori spremiture la vinaccia che se ne ricavava si potevano ottenere vinelli, mezzi vinelli o acquati. Gli ultimi, prodotti aggiungendo acqua alle vinacce spremute, erano consumati principalmente dai ceti popolari. Spesso il vino “invecchiato” era conservato malamente, le botti erano di legno giovane, così si usava speziarlo o aggiungere cannella, miele, chiodi di garofano, mandorle o arance per aggredite il sapore del tannino. Questo metodo veniva usato anche per recuperare vini andati a male o di scarsa qualità.

UTILIZZO MEDICO

Oltre all’utilizzo alimentare,il vino era usato come farmaco. Si ricorreva ad esso per le ferite, rinvigorire i fisici debilitati e come febbrifugo. A riconoscere il suo uso terapeutico fu un medico spagnolo, Arnaldo da Villanova (XIII sec.),nel suo “Liber de Vinis” che tra i suoi utilizzi sottolineava le qualità antisettiche e lo consigliava nella preparazione degli impiastri.
Grazie al suo contenuto alcolico, il vino era uno dei pochi liquidi capaci di sciogliere e nascondere il sapore delle sostanze ritenute curative dai medici. Entrano in uso così le “teriache”, una sorta di vini medicati, per le malattie più diverse.

Ricerca a cura di Alessio Corradini

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