A partire dai documenti la presenza templare a Verona appare più tarda rispetto a quella nel resto dell’Italia settentrionale, cosa che appare strana se si considera l’importanza della città nel secolo XII, fino al 1158.
In questo periodo la chiesa di San Vitale non si presenta ancora come possedimento templare.
La storica Bianca Capone ipotizza che i Templari si insediassero a San Vitale nel 1178, anno in cui l’abate Adamo del convento cistercense dei Santi Nazario e Celso concesse la chiesa del Santo Sepolcro ai Giovanniti.
Due anni dopo ci furono furiose liti tra i canonici di quella abbazia e con i canonici della chiesa di San Paolo per una questione di confini.
Nel 1195 la questione si inasprì.
In base ad alcuni documenti si crede che i Templari si fossero insediati a Verona però prima della data indicata. Nel caso di una donazione di una terra a Isola, che il conte Riutprando fa all’“ospedale dei malsani” in riva all’Adige nel 1154, egli chiarisce che il caso di controversie sarà garante il “tempio Ierosolimitano”.
Questa è in effetti una dicitura generica, ma altri documenti farebbero presagire come la presenza Templare nel veronese fosse da tempo consolidata.
Il 29 marzo 1169 un tale Uberto lascia testamento a favore del tempio di “solidus XX”.
Il 2 Aprile 1174 nel testamento di un certo Alberico sono beneficiati i Templari e i Giovanniti “Milites de Templo … hospitali Herusalem”.
L’8 Settembre 1198 viene assegnato a magistero Antolino un terreno “in hora Santi Vitalis”. All’atto è presente anche un certo “presbitero Corradini”, prete in San Vitale, parrebbe.
Durante il periodo delle controversie muore a Verona anche il Gran Maestro Armand de la Tour Rouge, il 30 Settembre 1184. La sua venuta sarebbe da mettere in relazione con la venuta dell’imperatore Federico Barbarossa a San Zeno.
Bianca Capone ipotizza addirittura una sepoltura del Gran Maestro a San Vitale. Si pensa però che ciò non sia credibile. Sia perché la magione di Verona non era certo tra le più importanti, ma anche perché quasi tutti i Gran Maestri dell’Ordine venivano tumulati in un sarcofago con le proprie effigi sopra, e quasi tutti alla sede centrale a Parigi.
PRETE GALIMBERTO DI SAN VITALE
A detta di Lorenzo Tacchella, brillante storico veronese, Galimberto, menzionato per la prima volta all’inizio del XIII secolo sarebbe il primo nome di un Templare a Verona, e di un personaggio illustre e di alta levatura culturale e religiosa, un personaggio di spicco per la città di Verona.
Se non è per nulla sicuro che fosse un Templare, è vero il resto.
“Dominus praesbiter Walimbertus de Sancto Vitale” è chiamato, ed è presente come testimone in atti di lasciti, locazioni e testamenti. Ma nessuno di essi beneficia i Templari. In due atti, però, del 1238, viene citato come testimone anche un certo Giovanni, converso di Galimberto, specificando che si tratta di “frater Iohannis de mansione templi”.
Il 4 dicembre 1231 viene menzionato un tal frate (di cui non si decifra il nome dal documento) anche se non si capisce se fosse un Precettore o se amministrasse solamente la chiesa.
Un testamento del 1276 di Lanfranco da Cremona, non menziona i Templari, mentre un altro atto dello stesso anno menziona Frate Bonaventura di San Vitale.
Dopo la metà del XII secolo si sa che vennero date a scopo liturgico a Templari e Giovanniti le chiese di San Vitale e del Santo Sepolcro, probabilmente con contratti di locazione rinnovati nel tempo. Le due chiese sembrano essere state in regime di “giuspatronato” dei Templari e dei Giovanniti: gli Ordini si occupavano della chiesa grazie anche all’aiuto di un prete secolare, da essi mantenuto grazie anche a lasciti e testamenti.
I TEMPLEARI DELLA DOMUS TEMPLI DI VERONA
Nominati già nel 1231 i Frati Busone ed Anselmino, così come nel 1238 appare il nome di Frate Giovanni. Nel documento del 1231 appaiono i nomi di altri Templari: Frate Gerardo, “milizie templi in Italia magister”, il quale interviene presso il Vescovo di Trento, Gerardo, in un contratto precedentemente redatto da un tale Frate Tancredi.
Come mai un atto che apparteneva alla casa di Trento viene stipulato a Verona? Forse perché la casa templare di Trento dipendeva da quella più importante di Verona? Oppure perché in quella data, con la vendita della terza parte della loro casa al vescovo Gerardo, là non avevano più nulla?
Altro fratello è Frà Ogerio, citato con altri Precettori al Capitolo di Piacenza del 1271, con titolo di Precettore della “Domus Templi de Verona”.
Il 6 Dicembre 1272, appare come Precettore Frà Alberto. Nel 1282 è invece Precettore Frà Enrico.
Altro non si sa di questi Templari lontani dalle battaglia, ma perfetto amministratori in occidente.
Altri documenti che testimoniano la presenza dei Templari, e li beneficiano, nel periodo dal 1275 al 1294 sono un testamento, un atto con il quale si decide che Tempio ed Ospedale non devono pagare dazi e un altro scritto, del 6 Gennaio del 1307, col quale Alberto I della Scala lascia dei soldi per i poveri in mano ai Templari di Verona.
LA SOPPRESSIONE DEI TEMPLARI E L’ANNESSIONE CON IL PRIORATO DEL SANTO SEPOLCRO
Un importante fascicolo pergamenaceo data al 30 marzo 1310, e contiene l’atto papale della confisca dei beni del Tempio a Verona, e annovera il preziosissimo inventario dei beni di San Vitale. Si legge che i Francescani sono incaricati della confisca temporanea di tutti i beni dei Templari. Dopo questa confisca si ha l’atto di cessione dei beni del Tempio ai Giovanniti, soprattutto quelli della magione di Porto di Legnago, forse ereditata dai Cavalieri del Tempio.
DOCUMENTI INEDITI SUI GIOVANNITI DI LEGNAGO
Alla fine del ‘300 sembrano risalire le chiese di San Giovanni di Cisano e di San Giovanni di Solarola di Manerba.
Solo con il XV secolo si hanno documentazioni sul Santuario della Madonna della Corona sul Monte Baldo.
Nel XVII secolo diventano giovannite le chiese di San Giovanni Decollato di Salò e quelle della Beata Vergine, San Francesco e San Bernardino di Gardone Riviera.
Del 1491 sono le attestazioni di San Giovanni della Paglia a Villafranca, mentre non si sa nulla prima del 1699 su Sant’Alberto del Pero a Marmirolo Mantovano.
Del 1491 sono le attestazioni delle due chiese dedicate a San Giovanni Battista di Legnago e di Porto di Legnago.
Una pergamena del 1320, dell’Archivio del Gran Priorato di Malta, cita Frate Altomanno “Rector et Praeceptor mansionis montebelli legnaci et porti”. L’atto è redatto in “Villa de Portus”. Quindi non solo erano già presenti le due case, ma è palese che esse fossero entrambe dipendenti dalla casa, prima Templare, di Montebello.
In più, una pergamena datata al 1214 dice che la magione di Legnago era già giovannita e viene citato un maestro e rettore che avrebbe nome di Frate Alberto.
Allora la domanda che ci si pone è: e la magione di Porto? A chi apparteneva? Probabilmente, data la vicinanza con la magione di Legnago, è possibile pensare che in origine la magione di Porto fosse Templare.
LA CHIESA DI SAN VITALE IN RIVISTE E CABREI
La chiesa sorge in un punto in cui il culto di San Vitale era già consolidato. Presso il fiume Adige, presso un canale di derivazione detto “dell’Acqua Morta”, poteva esser considerato un punto strategico.
Alcuni documenti infatti nominano in questa zona una struttura difensiva. Purtroppo la posizione troppo vicina al fiume e alle sue piene soggetta, fu la causa della sua rovina nel XVII secolo.
Per collocarla bisogna pensare che si trovasse alla fine di via Scriminari, il lato sinistro si rivolgeva su Via Carducci e via San Vitale, nell’angolo della quale vi era il campanile. La toponomastica della zona ricorda come probabilmente qui erano anche gli Ospitalieri (vedi Vicolo Croce di Malta).
Nulla si può sapere sull’originaria disposizione degli edifici ad essa connessi, si può solo supporre che vi fossero quegli ambienti adatti ad una mansio cittadina. Non si sa se i Templari, al loro arrivo, abbiano apportato delle modifiche alla chiesa preesistente ed avuta in concessione dai Benedettini del convento dei Santi Nazario e Celso.
Il primo inventario della chiesa risale al 1484, a cura del precettore Andrea de Martini. Altre notizie, più o meno accurate, si trovano nei resoconti delle visite pastorali, in particolare quella dell’anno 1529 dove si dice che la chiesa di San Vitale ha un valore di 300 ducati, ed è formata da quattro cappelle (o altari), intitolate alla Santa Madre di Dio, a San Giovanni Battista, all’Annunciazione e alla Pietà.
Nella chiesa operavano tre confraternite di devozione, chiamate del Sacro Corpo di Cristo, della Pietà e della Beata Vergine. Non si sa se queste siano di origine Medievale o se invece siano più recenti.
Dal 1780 viene menzionata con 7 altari: oltre all’altar maggiore, sono segnalati quelli di San Giovanni Battista, della Pietà, di San Rocco, della Beata Vergine e del Cristo.
Misura 50 passi, 20 di larghezza, e “di molta altezza”, con 10 finestre, “vetriate e ferrate”, e presenta una mezzaluna grande sopra il coro, vetrata.
Nel coro vi era l’immagine del Padre Eterno, di San Giovanni, San Vitale, la Beata Vergine col Redentore in braccio ed Angeli.
Sotto il coro vi erano due pale d’altare di “San Giovanni in Cava da Prato e di Casa Cortina”. Viene altresì menzionato un “Cristo in croce alpina in mezzo al coro” del XIV secolo ora conservata a Santa Maria del Paradiso.
Si annoverano anche le preziosissime reliquie di San Macrone, riposte in un’ara.
Si sa anche che l’altare della Natività apparteneva alla famiglia Albara, mentre quello della Beata Vergine era della nobile famiglia Cortini.
All’altare di San Rocco vi era una pala antica della Beata Vergine e San Bernardino, di un certo Liberale de’Scarzieri.
L’altare della Pietà apparteneva alla nobile famiglia dei marchesi Dal Pozzo, a cui era posta una pala con la Madonna, il Bambino e San Giovanni.
Si parla anche del Campanile, che doveva presentare alcune croci di Malta sui lati della torre.
Un altro documento del 1773 parla del cambio di intitolazione di alcuni altari, per esempio quello che in antico era chiamato della Santa Croce, adesso cambia nome in Santissima Trinità, così come quello di San Rocco diviene di San Bartolomeo, dipinto su una pala del celebre pittore Antonio Balestra.
Nel documento relativo all’Archivio del Gran Priorato di Malta, a Venezia, vi erano dei disegno che mostravano come doveva essere l’insediamento di San Vitale e citava le sue dipendenze nel Bresciano, Mantovano e Veronese.
Si citano qui la pala dell’altar maggiore attribuita alla scuola di Giovanni Badile, l’altare di San Metrone con la pala del Liberale, quello di san Giovanni Battista con la pala della scuola del Valcieri, l’altare della Santissima Trinità con la pala di Michelangelo Prunati e l’altare di san Bartolomeo con la pala del Balestra. Ancora si parla degli altari dell’Assunzione e della natività di Maria Vergine, entrambi di Antrea Voltolini.
Dal documento appare anche la presenza di una scultura lignea con la Madonna che tiene in mano il Bambino seduto su un maestoso trono. A quando risalga questa scultura non è dato sapere. L’autore fantastica che sia una di quelle madonne oggetto di particolare venerazione da parte dei Templari.
La piena dell’Adige del 1782 ridusse la chiesa in uno stato tale da imporre il trasferimento di tutti gli arredi presenti nella vicina chiesa di Santa Maria del Paradiso.
La chiesa fu poi acquistata dal conte Cesare Realdi che la demolì due anni dopo, per costruire le “case nuove”.
I cavalieri ebbero dimora e tennero parrocchia a Santa Maria del Paradiso fino al loro scioglimento del 1806, e segni tangibili del loro passaggio sono le croci di Malta presenti nel timpano e nei confessionali, fino ad arrivare al cenotafio di Fra Bartolomeo Dal Pozzo.
Tra le reliquie, oltre alla cosiddetta “colonna di San Metrone”, sono presenti reliquie portate dalla Terrasanta da Templari e Giovanniti. Non manca neppure un “Frammento della Vera Croce”.
A cura del Dott. Ivan Perusi
Fonti
- “I Templari. La vera storia dei cavalieri del tempio ricostruita dai documenti originali” -Dailliez Laurent; 2002 – San Paolo Edizioni
- “Guido da Verona romanziere. Il contesto politico-letterario, i temi, il destino” – Tiozzo Enrico; 2009 – Aracne Editore
- “Quando in Italia c’erano i templari. Italia settentrionale” – Capone Ferrari Bianca; 1997 – Edizioni Federico Capone