Il 18 luglio del 1329, Cangrande della Scala, già signore di Verona, Vicenza, Padova, Monselice, Bassano, Belluno, Feltre e Cividale, ottiene da Guecello Tempesta le chiavi di Treviso, entrandovi in trionfo e tra il giubileo della cittadinanza. Con la conquista di quest’ ultima roccaforte veneta, il più famoso degli Scaligeri realizzava il sogno di riunificare l’intera Marca.
Ecco come lo racconta lo storico Hans Spangenberg nel suo imprescindibile libro “Cangrande I della Scala”:
” Messa in allerta la guarnigione di Verona, Cangrande partì con le truppe la domenica del 2 luglio e, passando per Caldiero, arrivò a Villanova dove si accampò. All’alba del giorno seguente, il reparto veronese si diresse a Vicenza passando per Montebello e Montecchio; qui si unì alla guarnigione vicentina e, dopo una breve sosta, riprese con più lena la marcia fin quando, alla sera, non raggiunse Padova. Quivi era stato convenuto il punto d’incontro dei reparti militari provenienti da Verona, Vicenza, Feltre e Civiè e con quelli dei nobili Castelbarco, di Rizzardo da Camino, dei fuoriusciti di Brescia e di Treviso nonché dei soldati mercenari; era una forza davvero considerevole: un cronista di Verona parla, esagerando, di 5000 cavalieri e 35000 fanti. Bailardino da Nogarola comandava le truppe reclutate a Vicenza e dintorni, mentre il grosso dell’esercito era sotto la guida di Marsilio da Carrara.
Il 4 luglio, durante il pranzo, sulla strada per Treviso, Cane ricevette una notizia inquietante: i Trevigiani, venuti a sapere i preparativi di Verona, avevano mobilitato un forte contingente di soldati che aveva devastato i territori al di qua del Brenta minacciando la stessa Padova. Otto di Borgogna al servizio dei Della Scala, ebbe l’ordine immediato di respingere il nemico che si era ammassato davanti alle porte della città; lo Scaligero che lo seguiva con il grosso dell’ esercito si accampò per la notte del 5 luglio a Piombino Dese.
Quando Cangrande arrivò nel sobborgo trevigiano di Santi Quaranta, la situazione era diventata critica. Intanto Otto di Borgogna era riuscito a ricacciare il nemico fin nei pressi di Treviso e mentre i fuggiaschi cercavano di riparare tra le mura amiche della città, Otto di Borgogna, approfittando della confusione, si era unito ai fuggitivi allo scopo di spianare la strada alle truppe veronesi operando furtivamente dall’ interno. Costui aveva raggiunto la porta principale quando venne colpito a morte da una pietra catapultata. Vi fu un attimo di disorientamento tra i soldati di Otto, ma a questo punto entrò in azione lo Scaligero in persona e con il suo intervento preciso mise in fuga l’avversario, attestandosi, però, davanti alle mura nemiche.
Treviso venne allora assediata da tutti i lati e fu piantonata ogni porta; Cane stesso installò il suo quartiere militare nel chiostro di Santi Quaranta. Dietro di lui si accampò Marsilio da Carrara, suo diretto luogotenente, mentre ad Est della città, Bailardino da Nogarola attendeva con la milizia vicentina. […] Treviso venne completamente accerchiata per quattro giorni in modo che nessuno potesse uscire o entrare: era fermo proposito dello Scaligero costringere la città alla capitolazione per fame”.
Ma lo Scaligero non era destinato a godersi il coronamento del suo sogno.
(Fonte: Verona romana medievale scaligera di Mario Patuzzo)